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Questo settore è dedicato a tutti coloro che per passione, affetto o semplicemente per bellezza possiedono apparecchiature audio professionali, hi-
si prega di NON scaricare e ripubblicare altrove le immagini qui riportate senza la dovuta autorizzazione del proprietario della foto, grazie
Hi-
a cura di Marco Reverberi (2010)
Si sa, le mode tornano, proprio come le mamme invecchiano e i figli crescono. La ruota gira ed inevitabilmente torna da capo.
Come non restare affascinati da apparecchiature costruite con grande passione trenta o quaranta anni fa? Magari un apparecchio del nostro primo, storico impianto...
Recentemente ho “riesumato” il mio primo impianto. Giradischi Lenco B-
Dato che ad oggi le vecchie apparecchiature Hi-
In genere pare che un mediocre impianto di oggi possa superare abbondantemente un mediocre impianto di allora...ah con le dovute eccezioni, certo, ma normalmente (parlo del 1977) chi poteva non spendeva più di settecento, novecento o anche (forse) un milione di lire per un bell’impianto.
Marantz, Denon, Technics, Luxman, Scott, Pioneer, insieme ad altri, erano padroni della scena Hi-
In casa degli amici di quei tempi sentivo suoni impastati, bassi evidenti e medi a volte fastidiosi...ma erano nella media del periodo.
Non conoscevo appassionati di alto livello e non avevo l'opportunità di confrontare la mia conoscenza al di sopra della mia media.
I dischi comunque si ascoltavano così e ci piaceva.
Le cose sono cambiate nei primi anni ottanta con l’avvento del cd.
Le case produttrici hanno migliorato notevolmente i propri prodotti immettendo sul mercato una lunga serie di innovazioni tecniche.
Ho avuto la possibilità di ascoltare apparecchiature di fascia medio-
Mi spiego...negli anni settanta la realizzazione di un disco passava dallo studio di registrazione dove il fonico, sotto l’attenta supervisione dell’artista ed il produttore, eseguiva il mixdown attraverso apparecchiature analogiche di altissima qualità. Il master finale era sempre una bobina di nastro da ¼ di pollice, velocità 38 cm per secondo. Il master veniva ascoltato e riascoltato dagli stessi più volte, spesso utilizzando impianti monitor diversi. Una volta deciso (più o meno) all’unanimità che la registrazione era corretta, il produttore consegnava il master alla casa discografica, che a sua volta si sarebbe occupata della parte industriale, stampando il lavoro su vinile. Per “registrazione corretta” si intende come ottimale relativamente alla possibilità da parte del pubblico di ascoltare il disco con gli impianti disponibili all’epoca (era doveroso l'ascolto di un "master di prova" su stereosette o piccoli compatti per sentire come veniva riprodotto). Allora succedeva che gli artisti spesso si lamentavano del fatto che il loro lavoro, una volta pubblicato su vinile, non suonava come avrebbe dovuto...
Questo accadeva per diversi fattori. La qualità del vinile, il metodo di stampa, ma soprattutto il “mastering”, ovvero il riversaggio in più fasi del lavoro dalla bobina ¼ di pollice per arrivare al metal master in negativo che sarebbe servito per le presse di stampa. Chi si occupava del mastering, elaborava ulteriormente il suono secondo le esigenze di stampa. Armato di compressori, limiter, equalizzatori ed un apposito mixer “sistemava” livelli, picchi, dinamica etc. Questo non piaceva affatto agli artisti che si trovavano spesso i loro lavori “smanettati” all’eccesso...
Ergo: ha senso ascoltare oggi una rimasterizzazione su cd evidentemente differente dall’originale?
Se sì, meglio con un impianto moderno?
Tutto questo è fortemente caratterizzato dalla soggettività.
Chi intende la fedeltà anche come conservazione dell’originalità si atterrà scrupolosamente al vinile originale suonato magari con impianti d’epoca, magari di qualità eccelsa, mentre altri cercheranno la riedizione più “smanettata” in senso tecnico, in grado di restituire un ampio spettro di frequenze, maggior dettaglio e scena, in sintonia con gli impianti moderni.
Ma se ci riferiamo alla stragrande maggioranza di consumatori musicali, i quali ascoltano con impianti molto variegati, tecnologie degne di un film fantascientifico?
Sappiamo tutti che gli impianti “vintage” venivano prodotti con una filosofia diffente a quella odierna e soffrono di un annoso e sgradevole problema legato soprattutto ai condensatori (e non solo) che invecchiando spesso abbandonano la loro vitale funzione, ma basta saperlo...
Le pubblicazioni di oggi sono spesso estreme. Il lavoro dell’artista viene sempre (con le dovute eccezioni) registrato e masterizzato in digitale, il vecchio mastering convertito in digitale, dove si usano dosi massicce di “dithering”, il terribile “smanettamento” (spesso dovuto) di oggi.
Non ho dubbi sulla effettiva elevatissima qualità dei prodotti oggi sul mercato, che comprendo benissimo.
Ho molti dubbi sui prezzi degli stessi, che credo non siano giustificati.
Per carità, ogni marchio ha il diritto sacrosanto di porre sul mercato i prodotti che crede ai prezzi che ritiene opportuni. Lo stesso vale per chi acquista, ma siamo sicuri che un gran bell'impianto da 10.000 euro assemblato con attenzione e criterio, sia meno performante sotto tutti gli aspetti di uno da 150.000?
Temo di no.
La differenza sarebbe di 140.000 euro e quindi sostanziale. Dopo i primi secondi di ascolto a parità di contenuti, quello da 150.000 dovrebbe prevalere senza alcun dubbio in modo preponderante, tanto da relegare quello da 10.000 allo stesso livello di un giocattolo.
Una riflessione sicuramente soggettiva offerta come spunto,
ma quando ho avuto l’occasione di ascoltare un impianto blasonato e molto costoso, ascoltavo dettagli forse mai sentiti (e probabilmente non voluti in quel modo in fase di registrazione) da un cd degli U2
mi è venuta in mente una citazione estratta da un grande film:”...sei tutto chiacchiere e distintivo”.
un ringraziamento particolare ad Alessandro Brozzi, senza il quale non avrei l’impianto di oggi.
Marco Reverberi
HI-
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