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Questo settore è dedicato a tutti coloro che per passione, affetto o semplicemente per bellezza possiedono apparecchiature audio professionali, hi-fi ed accessori. Saremo lieti di pubblicare le vostre foto di HI-FI (impianti completi o singole apparecchiature) menzionando il vostro nome purché sia materiale di vostra proprietà e non superiore all'inizio degli anni '90. inviare le foto a:info@discocity.it


a cura di Marco Reverberi Fi Hi AUDIO consigli, curiosità e riflessioni

si prega di NON scaricare e ripubblicare altrove le immagini qui riportate senza la dovuta autorizzazione del proprietario della foto, grazie


Hi-Fi "vintage" o moderno? considerazioni a tema  

a cura di Marco Reverberi (2010)


Si sa, le mode tornano, proprio come le mamme invecchiano e i figli crescono. La ruota gira ed inevitabilmente torna da capo.


Come non restare affascinati da apparecchiature costruite con grande passione trenta o quaranta anni fa? Magari un apparecchio del nostro primo, storico impianto...


Recentemente ho “riesumato” il mio primo impianto. Giradischi Lenco B-55 equipaggiato da una mediocre testina Shure, ampli Denon SA-3300, diffusori Dynaco A25 (quelle con bass reflex aperiodico smorzato) un registratore a cassetta orizzontale Akai ed un pò di cavetti rca al di sotto della mediocrità. Ma avevo 16 anni, ci ascoltavo i Genesis, i Pink Floyd, i Deep Purple...ma anche i MFSB, la disco music ed un buon quantitativo di musica italiana, folk e country-rock.

Dato che ad oggi le vecchie apparecchiature Hi-Fi sono sempre molto apprezzate per innumerevoli motivi, offro la riflessione: “quel meraviglioso suono” di questo o quell'impianto ed altre amenità del genere, non mi piacciono perché estremamente soggettive.

In genere pare che un mediocre impianto di oggi possa superare abbondantemente un mediocre impianto di allora...ah con le dovute eccezioni, certo, ma normalmente (parlo del 1977) chi poteva non spendeva più di settecento, novecento o anche (forse) un milione di lire per un bell’impianto.

Marantz, Denon, Technics, Luxman, Scott, Pioneer, insieme ad altri, erano padroni della scena Hi-Fi dell’epoca, e noi ragazzi lasciavamo gli occhi sugli annuari hi-fi.

In casa degli amici di quei tempi sentivo suoni impastati, bassi evidenti e medi a volte fastidiosi...ma erano nella media del periodo.

Non conoscevo appassionati di alto livello e non avevo l'opportunità di confrontare la mia conoscenza al di sopra della mia media.

I dischi comunque si ascoltavano così e ci piaceva.

Le cose sono cambiate nei primi anni ottanta con l’avvento del cd.

Le case produttrici hanno migliorato notevolmente i propri prodotti immettendo sul mercato una lunga serie di innovazioni tecniche.

Ho avuto la possibilità di ascoltare apparecchiature di fascia medio-alta prodotte in quegli anni: raffinate, realizzate con cura e dotate di componenti eccellenti. Non da meno il fattore estetico...quelle macchine sono davvero bellissime, come non se ne vedono più. Ecco che oggi si ritorna su quelle macchine ma...oltre al valore estetico, tecnico e storico si può parlare di un valore aggiunto relativo alla qualità? Siamo sicuri che il suono restituito da questi apparecchi sia più fedele di quello restituito da apparecchi “moderni”? Credo di no. Mediamente un impiantino da “minimo sindacale” costituito da apparecchi di ultima generazione è in grado innegabilmente (almeno per mia esperienza) di “suonarle” per bene ad uno di quegli impianti medi di cui sopra. Attenzione però. Me ne guardo bene da quei suoni estremamente dettagliati e velocissimi con scene super-profonde. Un disco in vinile (originale) del 1977 suonato così, non ci sta proprio. Suona meglio, d’accordo, ma incredibilmente risulta in sintonia con l’impianto del 1977 che avevo riesumato, dove suona...giusto! Ed ecco allora che timidamente si affaccia l’equazione: un cd pubblicato nel 2011 sta all’impianto “moderno” come il vinile del 1977 sta all’impianto “vintage”.


Mi spiego...negli anni settanta la realizzazione di un disco passava dallo studio di registrazione dove il fonico, sotto l’attenta supervisione dell’artista ed il produttore, eseguiva il mixdown attraverso apparecchiature analogiche di altissima qualità. Il master finale era sempre una bobina di nastro da ¼ di pollice, velocità 38 cm per secondo. Il master veniva ascoltato e riascoltato dagli stessi più volte, spesso utilizzando impianti monitor diversi. Una volta deciso (più o meno) all’unanimità che la registrazione era corretta, il produttore consegnava il master alla casa discografica, che a sua volta si sarebbe occupata della parte industriale, stampando il lavoro su vinile. Per “registrazione corretta” si intende come ottimale relativamente alla possibilità da parte del pubblico di ascoltare il disco con gli impianti disponibili all’epoca (era doveroso l'ascolto di un "master di prova" su stereosette o piccoli compatti per sentire come veniva riprodotto). Allora succedeva che gli artisti spesso si lamentavano del fatto che il loro lavoro, una volta pubblicato su vinile, non suonava come avrebbe dovuto...


Questo accadeva per diversi fattori. La qualità del vinile, il metodo di stampa, ma soprattutto il “mastering”, ovvero il riversaggio in più fasi del lavoro dalla bobina ¼ di pollice per arrivare al metal master in negativo che sarebbe servito per le presse di stampa. Chi si occupava del mastering, elaborava ulteriormente il suono secondo le esigenze di stampa. Armato di compressori, limiter, equalizzatori ed un apposito mixer “sistemava” livelli, picchi, dinamica etc. Questo non piaceva affatto agli artisti che si trovavano spesso i loro lavori “smanettati” all’eccesso...

Ergo: ha senso ascoltare oggi una rimasterizzazione su cd evidentemente differente dall’originale?


Se sì, meglio con un impianto moderno?


Tutto questo è fortemente caratterizzato dalla soggettività.

Chi intende la fedeltà anche come conservazione dell’originalità si atterrà scrupolosamente al vinile originale suonato magari con impianti d’epoca, magari di qualità eccelsa, mentre altri cercheranno la riedizione più “smanettata” in senso tecnico, in grado di restituire un ampio spettro di frequenze, maggior dettaglio e scena, in sintonia con gli impianti moderni.

Ma se ci riferiamo alla stragrande maggioranza di consumatori musicali, i quali ascoltano con impianti molto variegati, tecnologie degne di un film fantascientifico?


Sappiamo tutti che gli impianti “vintage” venivano prodotti con una filosofia diffente a quella odierna e soffrono di un annoso e sgradevole problema legato soprattutto ai condensatori (e non solo) che invecchiando spesso abbandonano la loro vitale funzione, ma basta saperlo...


Le pubblicazioni di oggi sono spesso estreme. Il lavoro dell’artista viene sempre (con le dovute eccezioni) registrato e masterizzato in digitale, il vecchio mastering convertito in digitale, dove si usano dosi massicce di “dithering”, il terribile “smanettamento” (spesso dovuto) di oggi.


Non ho dubbi sulla effettiva elevatissima qualità dei prodotti oggi sul mercato, che comprendo benissimo.

Ho molti dubbi sui prezzi degli stessi, che credo non siano giustificati.

Per carità, ogni marchio ha il diritto sacrosanto di porre sul mercato i prodotti che crede ai prezzi che ritiene opportuni. Lo stesso vale per chi acquista, ma siamo sicuri che un gran bell'impianto da 10.000 euro assemblato con attenzione e criterio, sia meno performante sotto tutti gli aspetti di uno da 150.000?

Temo di no.

La differenza sarebbe di 140.000 euro e quindi sostanziale. Dopo i primi secondi di ascolto a parità di contenuti, quello da 150.000 dovrebbe prevalere senza alcun dubbio in modo preponderante, tanto da relegare quello da 10.000 allo stesso livello di un giocattolo.



Una riflessione sicuramente soggettiva offerta come spunto,

ma quando ho avuto l’occasione di ascoltare un impianto blasonato e molto costoso, ascoltavo dettagli forse mai sentiti (e probabilmente non voluti in quel modo in fase di registrazione) da un cd degli U2

mi è venuta in mente una citazione estratta da un grande film:”...sei tutto chiacchiere e distintivo”.


un ringraziamento particolare ad Alessandro Brozzi, senza il quale non avrei l’impianto di oggi.


Marco Reverberi



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HI-FI: vintage o moderno?