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Questo settore è dedicato a tutti coloro che per passione, affetto o semplicemente per bellezza possiedono apparecchiature audio professionali, hi-
si prega di NON scaricare e ripubblicare altrove le immagini qui riportate senza la dovuta autorizzazione del proprietario della foto, grazie
T-
di Marco Reverberi (2011) agg. 2014
Molti non se ne sono neppure accorti, ma nel corso del 2005 è avvenuta una vera e
propria rivoluzione “digitale” nel mondo dell’hi-
Si chiama T-
che può funzionare anche a batterie.
Tanta plastica, dimensioni estremamente ridotte e dal costo tutt’altro che proibitivo:
meno di 50 euro (all’epoca del lancio sul mercato).
Il T-
processore Tripath 2024, prodotto dalla azienda californiana Tripath, fondata
dall’ingeniere di origini indiane Adya Tripathi.
Questa tecnologia viene chiamata Digital Power Processing, o più semplicemente
"Classe T". Il primo T-
6 watt su 8 Omh o di 9 su 4 Omh.
Detto così sembra davvero poca cosa, ma è necessario non farsi ingannare dalle apparenze.
L'apparecchio è molto spartano e dispone di un solo connettore "minijack" in
ingresso, di due prese stereo a molla per i cavi di potenza e di un connettore per
l'eventuale alimentazione esterna (molto consigliata).
Per dirla tutta dovrebbe funzionare già bene con l'alimentatore a batterie in
dotazione, capace di erogare 12 volt ad 1 Ampere.
Tuttavia con un buon alimentatore esterno si ottiene il massimo della resa con 13 Volt circa e 3 Ampere.
Quando si è affacciato per la prima volta sul mondo dell'hi-
anche una massiccia dose di polemiche. Chi strepitava all'ennesima bufala e chi
inquadrava l'avvenimento come un vero e proprio miracolo, tanto che in poco tempo
è stato ribattezzato (impropriamente) "l'ammazzagiganti" per la capacità di
competere con i grandi, blasonati e costosissimi amplificatori di fascia alta.
Come al solito la verità sta nel mezzo. Personalmente ritengo il T-
modelli che sono venuti dopo di lui (tantissimi) sia stato un vero miracolo della
tecnologia ed un eccezionale compromesso qualità-
costo intorno ai 50 euro.
Alla fine se si vuole fare un po' di attenzione ed ascoltare finemente e con senso
critico il T-
interamente in plastica non merita certo approfondimenti, ma ascoltando ad occhi
chiusi il risultato non può che essere eccellente (visto il prezzo) e che il limite
evidente è rappresentato su tutto dalla pessima alimentazione in dotazione.
Che il T-
nemmeno per idea, ma è pur vero che alcuni amplificatori blasonati valgono davvero
molto meno di quello che costano...
a quasi 10 anni dal primo T-
evoluto e molte aziende concorrenti hanno migliorato lo chassis, i connettori,
l'alimentazione ed aumentato anche di molto la potenza.
Per chi cerca queste migliorie i prezzi sono cambiati e superano anche
abbondantemente i 100 euro. Ciò non toglie che sul mercato si possono ancora
trovare molti T-
Tutto sommato...una gran bella cosa ed una sfida interessante per il futuro!
Marco Reverberi
Hi-
a cura di Marco Reverberi (2011)
Si sa, le mode tornano, proprio come le mamme invecchiano e i figli crescono. La ruota gira ed inevitabilmente torna da capo.
Come non restare affascinati da apparecchiature costruite con grande passione trenta o quaranta anni fa? Magari un apparecchio del nostro primo, storico impianto...
Recentemente ho “riesumato” il mio primo impianto. Giradischi Lenco B-
Mi spiego...negli anni settanta la realizzazione di un disco passava dallo studio di registrazione dove il fonico, sotto l’attenta supervisione dell’artista ed il produttore, eseguiva il “mixdown” (il missaggio finale) attraverso apparecchiature analogiche di altissima qualità. Il master finale era sempre una bobina di nastro da ¼ di pollice, velocità 38 cm per secondo. Il master veniva ascoltato e riascoltato dagli stessi più volte, spesso utilizzando impianti monitor diversi. Una volta deciso (più o meno) all’unanimità che la registrazione era corretta, il produttore consegnava il master alla casa discografica, che a sua volta si sarebbe occupata della parte industriale, stampando il lavoro su vinile. Per “registrazione corretta” si intende come ottimale relativamente alla possibilità da parte del pubblico di ascoltare il disco con gli impianti disponibili all’epoca! Allora succedeva che gli artisti spesso si lamentavano del fatto che il loro lavoro, una volta pubblicato su vinile, non suonava come avrebbe dovuto...
Questo accadeva per diversi fattori. La qualità del vinile, il metodo di stampa, ma soprattutto il “mastering”, ovvero il riversaggio in più fasi del lavoro dalla bobina ¼ di pollice per arrivare al metal master in negativo che sarebbe servito per le presse di stampa. Chi si occupava del mastering, elaborava ulteriormente il suono secondo le esigenze di stampa. Armato di compressori, limiter, equalizzatori ed un apposito mixer “sistemava” livelli, picchi, dinamica etc. Questo non piaceva affattoagli artisti che si trovavano spesso i loro lavori “smanettati” all’eccesso...
Ergo: ha senso ascoltare oggi una rimasterizzazione su cd evidentemente differente dall’originale?
se sì, meglio con un impianto moderno?
Tutto questo è fortemente caratterizzato dalla soggettività. Chi intende la fedeltà anche come conservazione dell’originalità si atterrà scrupolosamente al vinile originale suonato magari con impianti d’epoca, altri cercheranno la riedizione più “smanettata”, in grado di offrire maggior dettaglio e scena, in sintonia con gli impianti moderni. Tecnicamente gli impianti “vintage” soffrono di un annoso e sgradevole problema legato soprattutto ai condensatori che invecchiano e spesso abbandonano la loro vitale funzione, ma basta saperlo...
Le pubblicazioni di oggi sono spesso estreme. Il lavoro dell’artista viene sempre (con le dovute eccezioni) registrato e masterizzato in digitale, il vecchio mastering convertito in digitale, dove si usano dosi massicce di “dithering”, il terribile “smanettamento” di oggi.
Personalmente, grazie all’aiuto di esperti del settore, ho trovato il giusto compromesso. Con molta pazienza ho assemblato
un impianto costituito da apparecchiature dei primi anni novanta, rigorosamente inglesi e di fattura decisamente artigianale.
Exposure, Rogers, Creek, Rega, Foundations svolgono perfettamente il lavoro che regolarmente affido loro, senza distinzione di supporti, formati, originali e riedizioni. (grazie Alle!)
Queste erano solo quattro chiacchiere, sicuramente soggettive, da prendere come curiosità; ma recentemente ho avuto l’occasione di ascoltare un impianto blasonato e molto costoso. Mentre ascoltavo dettagli forse mai sentiti da un cd degli U2
mi è venuta in mente una citazione estratta da un grande film:”...sei tutto chiacchiere e distintivo”.
Marco Reverberi
aggiornamento agosto 2014:
A proposito di “vecchi” amplificatori hi-
Sognavo l’agonato “integrato” migliore per il mio futuro impianto ed a quei tempi con “integrato” si intendeva “dotato di circuito integrato”, ovvero il classico “millepiedi” a semiconduttore. Nulla di più sbagliato. Per “integrato” infatti si intendeva quello che oggi chiameremmo un “compatto”!
Tecnicamente l’integrato era riferito infatti ad un contenitore unico per preamplificatore e finale, con tanto di filtri etc.
Già allora gli amplificatori avevano caratteristiche tecniche tali da superare lungamente lo standard DIN tedesco relativo all’alta fedeltà.
Questo però non migliorava di fatto la qualità sonora di ascolto. E’ sufficiente pensare al fattore di distorsione armonica. I produttori carcavano di abbassare sempre più la soglia di questo valore, ma non si si può valicare il limite fisico umano, che rimane in media all’incirca del 1%. Già da questo si evince più una questione relativa al marketing che di reale necessità. Allra si ascoltava soprattutto il disco in vnile e la stragrande maggioranza dei dischi reperibili sul mercato veniva incisa con una banda passante al di sotto dei 18 Khz ed una distorsione minima fino al 2%. I diffusori acustici più venduti di allora (in media) presentavano distorsioni alle basse frequenza tra il 5 ed il 10%.
Così si finisce per cascare sempre lì. Ascoltare oggi con un “signor” impianto uno dei dischi prodotti nel 1976 è un pò come ascoltare un cd nel quale abbiamo riversato una vecchia audiocassetta…il supporto è di grande qualità, ma il contenuto sonoro rimane inevitabilmente quello di una “cassettina”.
Certo al giorno d’oggi le cose vanno diversamente, gli impianti riproducono molto fedelmente ad esmpio un cd prodotto ai giorni nostri, ma in questo caso l’incisione d’origine è molto diversa e si parte col piede giusto, molto…hi-
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